lunedì 27 febbraio 2012

Aber - ventottesima settimana

Turisti per caso...
sabato scorso io, la mamma, il papà, il Samu, la Cate, l'Angelina e la Daniela (medico di Firenze che sta con noi 2 settimane ndr) siamo andati  al parco delle Murchison Falls. E' stato bellissimo! abbiamo fatto un giro lunghissimo con la macchina...abbiamo visto tantissimi animali: gli efelanti (anche se non volavano come Dumbo), i coccodrilli (anche se non abbiamo scoperto come fanno!), le giraffe, gli ippopomati, i musi lunghi, le antilopi puzzone, tanti uccellini colorati. Poi abbiamo fatto un giro in barca sul Nilo e siamo arrivati fin sotto le cascate; siamo scesi e da li abbiamo fatto una camminata lunga lunga (la mamma era un po' stanca, ho dovuto aiutarla io!) e siamo arrivati in cima alle cascate.
Li c'erano tanti schizzi e un po' ci siamo fatti la doccia ma a me non mi piaceva!
Adesso papà ha messo un po' di foto nella mia rubrica "i miei amici animali" e nelle "Piccio-foto" ma spero di tornarci presto...magari con qualcuno di voi!

martedì 21 febbraio 2012

Aber - ventisettesima settimana

Ajok Naume

Ajok (oppure Ojok al maschile) è il nome che si dà quando alla nascita il bambino presenta qualche piccola malformazione: un piede torto, un dito in meno, un spalla lussata...
La “piccola malformazione” di Naume, quando è nata, quattro mesi fa, era l'AIDS.
Ma i suoi genitori non lo sapevano. Lo hanno scoperto qualche giorno fa, e hanno scoperto di avere anche loro la stessa “piccola malformazione”.
Da allora la sua mamma con una lucidità che sembra quasi cinismo ha capito che la piccola Naume stava per morire, ed ha aspettato pazientemente il momento.
Ieri l'aveva lasciata attaccata all'ossigeno da sola sul pavimento della “procedure room” ed era uscita a prendere un po' d'aria. Sta sera mentre lei tirava i suoi ultimi faticosissimi respiri le si era addormentata accanto.
Ho guardato più volte questa donna sorridere mentre teneva in braccio la sua bambina agonizzante e in tutta onestà non mi sono mai sentita di provare un sentimento di biasimo per lei.
La speranza di una madre non è un lusso che ci si può permettere da queste parti.
La disperazione, le preoccupazioni e i problemi che si abbattono su una famiglia, o meglio su una donna, quando scopre di essere sieropositiva sono tali che rendono la morte di un figlio non il peggiore dei mali.
Mi chiedo quale sia la miseria vera: non avere avuto la possibilità di proteggersi e proteggere il proprio figlio dall'infezione da HIV? Non avere abbastanza soldi per volare in un reparto di rianimazione pediatrica in Europa e tentare l'impossibile?
Credo che la vera miseria per una madre sia quella di non poter sperare nella vita per i propri figli.

giovedì 16 febbraio 2012

Aber - ventiseiesima settimana

Gita tra la gente di un NON luogo

Lo scorso weekend siamo andati in Karamoja. Se provate a cercare questo luogo sulle cartine esiste, quando lo si raggiunge in macchina no.

Una non strada (viste le condizioni) ti permette di attraversare dei non villaggi (dove in apparenza non ci sono abitazioni, non c'è neanche il ben che minino trade center). Sicuramente non ci sono alberi, i letti dei fiumi sono pieni...di sabbia, l'ombra non esiste...la vita sembra veramente impossibile. Inoltre in questo periodo è la stagione secca (che li dura da agosto ad aprile) quindi le condizioni sono particolarmente severe. Siamo andati a trovare Suor Bruna, una suora comboniana che è arrivata lì nell'83 e da allora accompagna questo popolo dei karimojong. Già, il posto non esiste ma la gente ci vive o, meglio, ci sopravvive! Storicamente (ma ancora oggi per la maggior parte) è un popolo di pastori itineranti e di guerrieri. I gruppi di famiglie si muovono portando al pascolo le mucche, non possono stanziare, il territorio non lo permette. L'altra attività che svolgevano (e che adesso per fortuna sembra essere in diminuzione) è il brigantaggio della gente di passaggio.

Dopo quasi 7 ore di viaggio arriviamo a Kangole dove nel '63 i comboniani arrivarono per la prima volta in Karamoja e li iniziarono la loro presenza al fianco della gente. Oggi questo villaggio è un po' più vivo grazie alla presenza di una scuola e di un piccolo ambulatorio/dispensario, alla costruzione di pozzi che permettono di prelevare acqua dal sottosuolo e grazie anche al centro per catechisti di cui la suor Bruna è responsabile. E' un centro molto ben curato dove si tengono incontri di formazione per catechisti provenienti da tutta la Karamoja e corsi per coppie e per famiglie. Siamo accolti come al solito dai bambini che ci corrono incontro urlando “muzungu” e ridendo soprattutto alla vista di un baby-muzungu come Francesco. Ci ristoriamo un attimo, ceniamo e, dopocena, c'è una festa per la fine del corso che si trasforma in una festa per accoglierci. Balli e canti sono tutti in nostro onore e presto ci coinvolgono e ci vedono protagonisti tra risate ed applausi. Suor Bruna ci presenta le due sue “vecchiette”. Sono due donne dall'età indecifrabile ma su cui la fatica di una vita ha lasciato segni indelebili. Vivono ormai in simbiosi anche perchè una delle due è cieca e l'altra la aiuta ad andare in giro e a sbrigare le faccende quotidiane. Anche loro hanno partecipato al corso per catechisti e, pur essendo analfabete, le loro condivisioni sono di una profondità e di una ricchezza incredibili. Il giorno seguente andiamo all'ospedale di Matany per celebrare la giornata mondiale del malato e commemorare Carlo Albeto Bonini, un chirurgo che ha dedicato gran parte della sua vita a curare questa gente e a trasmettere la passione per il suo lavoro e per la vita in generale. La domenica andiamo a messa. La prima è alle 7 ed è animata dalle bambine delle primary ma per noi è troppo presto. Decidiamo di andare alla seconda alle 9 dove invece sono le ragazze della secondary a dirigere canti e gesti per arricchire la celebrazione. Ci rimettiamo in macchina per tornare a casa, un lungo viaggio ci aspetta tra polvere e caldo.

Come gli abitanti dell'isola che non c'è, anche questa gente vive in una terra che non esiste e, come ci insegna Peter Pan, per stare in questi non luoghi, bisogna avere la capacità di sognare che è propria dei bambini.

Alakara (grazie) Karimojong

Per maggiori informazioni sulla Karamoja:

mercoledì 8 febbraio 2012

Aber - venticinquesima settimana

Uganda...il sistema sanitario (nota anche le foto che mostrano Doctor Maria e Doctor Caterina in perfetto stile E.R. o Dr House a seconda delle situazioni!)

E questa settimana la parola a me...veniamo al sistema sanitario, la situazione non è migliore, anzi fra correre e scappare qui come stato sociale siamo messi così...che sia di monito a voi del mondo sviluppato che avete ancora qualche possibilità di scelta...
In Uganda sono diversi gli attori che possono erogare prestazioni sanitarie:
  • Health Center (Ambulatori) e Ospedali Governativi
  • Privato profit
  • Privato non-profit
Tutto ciò che è governativo è gratuito, in teoria, ma in realtà essendoci molti pochi controlli il sistema è affetto da disorganizzazione e corruzione cronica. In pratica chi lavora in un HC o Ospedale pubblico non essendo controllato in genere lavora pochissimo e ruba i farmaci per rivenderli nelle proprie cliniche private. Quindi chi va all'ospedale pubblico per non aspettare giorni interi senza cure deve pagare i dottori e gli infermieri e comprarsi tutto: farmaci, guanti, siringhe ecc...Oppure deve andare alle loro cliniche private.
Il privato profit: chiunque abbia un qualche titolo di tipo infermieristico o medico può aprire una clinica o un drug-store (farmacia) e dispensare cure come più gli piace. Come dice il nome l'obiettivo è il profitto e non la salute del paziente per cui può succedere che vengano “vendute” cure non necessarie o non adeguate o vengano fatte diagnosi non accurate. Per esempio mi capita di vedere spesso bambini trattati per la malaria con il chinino per un solo giorno invece che per sette come si dovrebbe fare; oppure viene somministrato il chinino in muscolo ad una diluizione non adeguata provocando ascessi sottocutanei .
Il privato non-profit: siamo noi. Cioè tutti gli ospedali sostenuti da ONG, Missionari, Chiesa; anche il governo contribuisce con una piccola parte.
Appartengono a questo gruppo gli ospedali di Aber, Lacor, Angal, Kalongo, Matany, Kitgum e tanti altri. Molti di questi sono cattolici, molti sono stati fondati dai Comboniani. I pazienti pagano una quota fissa per le prestazioni (“flat rate”, tipo ticket) oppure pagano per le prestazioni e i farmaci che ricevono (questo è il sistema adottato nell'ospedale di Aber). Per quello che è la mia esperienza finora posso dire che sicuramente nel privato non-profit c'è più possibilità di ricevere cure adeguate, ma il problema di queste strutture è l'africanizzazione: quando la gestione viene lasciata completamente agli ugandesi (pur mantenendo il sostegno economico), la disorganizzazione e la corruzione prendono il sopravvento. Tanto che come dice il mio collega e amico Mario Marsiaj forse gli ugandesi saranno pronti per una reale africanizzazione fra un paio di generazioni. Lui è ottimista.
Da ultimo non posso omettere un altro grande elemento connesso alla salute degli ugandesi: la medicina tradizionale. E' un argomento molto ampio perché riguarda tutto l'aspetto della cultura. In base a ciò che ho visto e ascoltato in questi mesi posso dire che vi sono pratiche differenti: il cosiddetto witch-doctor (stregone) è una persona del villaggio che fa delle pratiche per eliminare la malattia facendo piccole incisioni sulla parte affetta e/o con altri riti. Si basa sul principio che la malattia è causata da qualcuno che sta facendo una stregoneria (il malocchio diremmo noi) o che ci sia qualcosa nel corpo che non va bene e che va fatto uscire (attraverso le incisioni appunto).
Vi sono poi altri personaggi nel villaggio (in genere anziani) che fanno alcune pratiche locali quali l'asportazione delle tonsille o “l'ebino” la rimozione dei cosiddetti “false theeth” (che poi sono i canini da latte). Questi diciamo che hanno un concetto di base più scientifico (“l'intervento” viene fatto quando c'è la febbre o quando il bambino piange per la dentizione) anche se i principi sono totalmente errati; inoltre non viene rispettata nessuna norma igienica. Proprio in queste settimane ho in reparto bambini di pochi mesi o poche settimane che sono stati sottoposti alla rimozione dei denti riportando gravi sanguinamenti e infezioni. Non è raro vedere dei decessi in seguito a queste pratiche. Nonostante ciò ho incontrato genitori anche molto istruiti, che parlavano inglese, che avevano sottoposto il figlio a tali pratiche e che erano convinti di aver fatto la cosa giusta.
Ritornando al sistema sanitario “ufficiale” credo di poter dire che negli ultimi anni sono state fatte scelte governative che hanno tagliato pesantemente su tutti i servizi: in parte per privilegiare altri tipi di spese e in parte per rispondere alle direttive del Fondo Monetario Internazionale che impongono che la spesa sanitaria rimanga bassissima (sei dollari pro capite) e che se i donatori portano dei soldi per la sanità, il governo diminuisca il suo apporto (1). Questo vi fa capire ancora di più i nostri dubbi rispetto ad un certo tipo di aiuti economici.
Infine qui l'alternanza politica non è auspicata da nessuno: Museveni è al suo ventiseiesimo anno di presidenza, rieletto con il 93% dei voti unicamente perché cambiare significherebbe guerra.
Quindi la prossima volta che sentite qualcuno dire che bisogna tagliare le spese per lo stato sociale o che la privatizzazione migliora la qualità dei sevizi...pensate all'Uganda e dite la vostra se siete ancora in tempo...
1. Macroeconomia e diritto alla salute in Uganda. Daniele Giusti SALUTE E SVILUPPO N. 1/07
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