giovedì 29 novembre 2012

Aber - anno II - diciannovesima settimana

Otem Okristo 2.0
 
Forse qualcuno si ricorderà che avevamo già accennato una volta alle Otem Okristo. In inglese viene tradotto con "small christian community", in pratica delle piccole comunità formate da vicini di casa. Spesso i membri sono due o tre clan che vivono nella stessa area. Sono le più piccole "cellule" della chiesa in una struttura che dalla diocesi passa alle parrocchie poi alle cappelle e, infine, appunto alle piccole comunità cristiane. Originariamente e tradizionalmente solo Otem (comunità) sono poi diventate Okristo quando alla normale condivisione della vita si è aggiunta la condivisione della Parola di Dio. E' sicuramente la dimensione più viva che abbiamo trovato...forse perchè legata alla loro storia, certamente perchè non gli è stata imposta dall'esterno. Questo dovrebbe farci riflettere sul perchè altre strutture importate (nella chiesa ma anche nella società come per esempio la scuola e gli ospedali) facciano così fatica ad essere portate avanti dagli ugandesi.
Comunque sia ora anche noi facciamo parte di una Otem Okristo. In maniera un po' anomala come normale che sia per noi bianchi, ma ne siamo comunque parte. Si chiama Acero, si trova nella cappella di Agulurude (guarda caso dedicata a San Daniele Comboni!) all'interno della parrocchia di Teboke. Siamo anomali perchè non viviamo su quel territorio ma una serie di circostanze (in parte anche casuali) ci hanno portato lì. La casualità sta nel fatto che, al termine di una Messa a cui abbiamo partecipato in quella cappella, durante gli infiniti speeches finali, col mio solito umorismo da due soldi ho detto che eravamo contenti di essere lì ma che avevano commesso un errore: non avremmo più dovuto avere un posto tra gli ospiti di onore ma tra la gente comune in quanto ormai facevamo parte di quella comunità (dato che era la quarta o la quinta messa a cui partecipavamo in quella cappella). A queste mie parole il prete ha preso la palla al balzo e mi ha chiesto allora di quale Otem facessimo parte. Completamente ignaro delle varie piccole comunità di quella cappella, alzo gli occhi al cielo e vedo cinque cartelloni che riportavano le collette fatte dalle cinque comunità esistenti nell'area. Ingenuamente leggo ad alta voce: Acero! non l'avessi mai fatto! scrosci di applausi, strette di mano e saluti di ben venuto oltremodo calorosi, il chairman a cui non sembra vero di avere dei membri bianchi che si precipita da noi invitandoci alla prima riunione...e non è tutto, ma andiamo con ordine.
Il 16 Novembre ricorreva il Santo Patrono di quella Otem e naturalmente non potevamo mancare...o almeno io perchè la Mari ha sempre la "scusa" buona dell'ospedale. Ora di inizio prevista: 10am; ora effettiva di inizio: mezzogiorno.
Tale ritardo ci porta a fare uno spuntino pre-celebrazione a fase di fegato, posho, fagioli e patate dolci...il tutto annaffiato con dell'ottimo cai-cak (te fatto col latte al posto dell'acqua) perchè è pur sempre una colazione!
L'atmosfera è molto bella, è come se da noi la gente di un isolato si trovasse tutte le settimane per condividere le gioie e  le difficoltà partendo dalla Parola del giorno in una modalità molto concreta, molto calata nel quotidiano: si parlava di parenti in ospedale che non potevano essere assistiti, del fatto che non avevano i soldi per raggiungere un certo posto, si ringraziavano gli altri per un sostegno ricevuto, etc.
Dato che era anche la festa del patrono, si sono anche celebrati i battesimi, si sono introdotte nella comunità le coppie che si erano sposate durante l'anno e c'è stato l'annuncio di quelle che si sarebbero sposate e ci sono stati poi altri svariati annunci di interesse comune che un po'  non ho capito e un po' vi risparmio per non tediarvi troppo.
Fatto sta che si sono fatte le 5:30pm e ci attendevano ancora i baccanali finali. Ecco le donne rientrare con vassoi di svariate pietanze. Mentre mi barcamenavo al meglio per cercare di mangiare con le mani senza sporcarmi fino al midollo ho ricevuto: due inviti per altrettanti matrimoni, una richiesta di fare da testimoni ad una terza coppia (per altro sconosciuta e che dirà le promesse matrimoniali in lango senza darci la possibilità di capire nulla di ciò che stiamo testimoniando); una richiesta di fare da padrino e madrina ad un battesimo e, per ultimo, l'offerta di uno spazio per costruirci una nostra capanna e andare a vivere lì nella nostra nuova comunità (qui è più semplice, vero LMC?)
Beh, probabilmente declineremo tutte queste offerte che ci sono state fatte, ma è comunque bello sentirsi parte di una comunità con cui veramente camminare nella quotidianità e con cui affrontare e discutere di quelle tematiche come giustizia e pace o la famiglia che, proposte al altri livelli fanno veramente fatica ad essere sentite come qualcosa di interesse comune.
Certo, non è molto consolante pensando che dovrebbero essere argomenti sentiti di interesse comune a livello nazionale, ma da qualche parte bisogna pur partire e, come sempre, i cambiamenti non possono che partire dalla base.

sabato 24 novembre 2012

Aber - Anno II - special post

Petizione per i diritti dei gay in Uganda

Riportiamo questo appello della comunità Avaaz - Il mondo in Azione. Vi chiediamo naturalmente di firmarla, di inoltrarla ai vostri contatti e, nello stesso tempo, speriamo che come sempre anche questo post possa essere fonte di riflessioni.

Cari amici,

Il Parlamento ugandese vuole approvare una legge brutale che potrebbe introdurre la pena di morte per il reato di omosessualità. Se lo faranno, migliaia di ugandesi potrebbero essere uccisi o condannati all'ergastolo soltanto perché gay.

Già in passato siamo riusciti a fermare questa legge, e possiamo farlo ancora. Dopo l'enorme appello globale dell'anno scorso, il Presidente ugandese Museveni aveva bloccato la legge. In Uganda il malcontento nei confronti della politica sta crescendo, e gli estremisti religiosi in Parlamento sperano che la confusione e la violenza che regnano nelle strade possano distrarre la comunità internazionale e far passare inosservato il secondo tentativo di adottare questa legge piena d'odio. Possiamo dimostrare che il mondo ha ancora gli occhi puntati su di loro.

Non abbiamo tempo da perdere. Raggiungiamo un milione di voci contro la legge anti-gay in Uganda nelle prossime 24 ore: le consegneremo ai leader ugandesi e a dei paesi chiave che li possano influenzare. Clicca qui per entrare in azione e poi gira questa email a tutti:
http://www.avaaz.org/it/uganda_stop_gay_death_law/?bkRoocb&v=19431

Essere gay in Uganda è già pericoloso e orribile. Gli ugandesi LGBT sono continuamente minacciati e picchiati, e solo l’anno scorso l’attivista per i diritti degli omosessuali, David Kato (foto qui sopra) è stato brutalmente massacrato in casa sua. Ora sono minacciati ancora di più da questa legge draconiana che potrebbe imporre il carcere a vita alle persone condannate per aver avuto relazioni con persone dello stesso sesso e la condanna a morte per i recidivi. Persino chi lavora per le ONG impegnate nella prevenzione dell'HIV secondo questa legge possono essere incarcerate con l'accusa di "promuovere l'omosessualità".

Proprio ora l'Uganda è in pieno fermento politico: milioni di euro di aiuti scomparsi hanno gettato nello scandalo il Parlamento. Questo scompiglio ha fornito agli estremisti religiosi in Parlamento la migliore opportunità di ritirare fuori la legge anti-gay, dandole il nome di “Regalo di Natale” agli ugandesi.

Il Presidente Museveni ha già tolto il suo sostegno a questa legge una volta, dopo che la pressione internazionale ha minacciato di bloccare gli aiuti all'Uganda. Facciamo crescere una petizione di un milione di firme per fermare la pena di morte contro i gay ancora una volta e per salvare vite umane. Ci rimangono solo poche ore: firma sotto e fai il passaparola con amici e famiglia:
http://www.avaaz.org/it/uganda_stop_gay_death_law/?bkRoocb&v=19431

La volta scorsa, la nostra petizione internazionale che condannava la pena di morte contro i gay era stata consegnata in Parlamento, diventando una notizia diffusa in tutto il mondo e sufficiente a bloccare la legge per diversi mesi. Quando una rivista ugandese ha pubblicato i nomi, le foto e gli indirizzi di 100 sospetti gay, che erano stati poi minacciati, Avaaz ha sostenuto un'azione legale contro la rivista e abbiamo vinto! Insieme ci siamo messi dalla parte della comunità gay in Uganda, e ora hanno bisogno di noi più che mai.

Con speranza e determinazione,

Emma, Iain, Alice, Morgan, Brianna e il resto del team di Avaaz

mercoledì 21 novembre 2012

Aber - anno II - diciottesima settimana

dall'uscita principale...

La guardia della Domenica inizia alle 8am e finisce alle 8am del giorno dopo.
Se ti chiamano per la prima volta alle 8 meno 5 della domenica sai già che sarà, fuor di metafora, una...bloody sunday...
Così io ed Elena andiamo a fare un cesario, non abbiamo ancora finito quando ci fanno sapere: “ci sono altre due madri da rivedere”: in altre parole altri due cesari da fare!
In sala parto l'ostetrica ci dice: “Lei potrebbe anche partorire, ma si rifiuta di spingere”
Si rifiuta? Si rifiuta??
Io ed Elena ci guardiamo: adesso ci pensiamo noi al counselling...
Monica (così si chiama la mamma scioperante) parla inglese e mi implora di portarla in sala operatoria.
Io mi avvicino, la guardo e con la mia nota delicatezza le faccio presente che io sono l'unico dottore in ospedale fino alla mattina dopo e non ho nessuna intenzione di aprirla, quindi o spinge o aspetta 24 ore.
In realtà ho paura, non so se sto facendo la cosa giusta (difficile saperlo in questo lavoro...soprattutto visto che non è il mio lavoro...)
Decido di attingere sapienza dal manuale “Come diventare ginecologo in 5 minuti”: potremmo usare la ventosa. Elena mi incoraggia...a suo modo...“Vedrai che siamo capaci: abbiamo visto Bruno farlo almeno due volte...”
Così con la nostra sana incoscienza, convinte di fare il meglio per mamma e bimbo, e contro il parere di tutte le ostetriche che chiaramente preferiscono spedirti la paziente in sala operatoria, procediamo al cosiddetto “parto assistito”.
Ai primi due tentativi la ventosa si stacca dalla testa del bambino. Io sono sudata fradicia (e vi risparmio gli altri dettagli splatter...), ho il fiatone e mi trema il braccio. D'altra parte questo non è un lavoro da donne, soprattutto se muscolo-prive come me (…faccio fatica perfino a svitare la caffettiera!!!).
Le ostetriche mi minacciano: “Se non riesci al terzo tentativo la porti in sala”
Hanno ragione: le linee guida dicono così.
Ma 3 è il numero perfetto e così come per incanto (e soprattutto per merito di mamma Monica che suo malgrado si è convinta di essere fondamentale nella riuscita dell'impresa) la testa sguscia fuori come un tappo di spumante. A quel punto non so più cosa fare: non ho mai fatto nascere un bambino così! L'ostetrica mi apostrofa: “Giragli la testa e tiralo fuori!”
Lo appoggio sulla pancia della mamma e lui, Okello, inizia a piangere...quasi quasi anche io... è la prima volta che faccio uscire un bambino per la via principale!
 
PS (del Piccio): sarà un caso ma dopo questo episodio è successo per ben tre volte che un'infermiera chiamasse in maternità la Mari perchè una mamma non riusciva a partorire e, non appena la Pizzi faceva il suo ingresso in reparto, il bambino pensava bene di uscire da solo! Tant'è che una mamma ha voluto chiamare la figlia Maria Grazia sperando forse che anche la sua figliola possa ricevere un po' dei superpoteri di questa dottoressa-stregona "munu"!

mercoledì 14 novembre 2012

Aber - anno II - diciassettesima settimana

Padre Mario e le stelle di Angal
Padre Mario è per me il volto onnipresente ad Angal.
Ogni volta che sono venuta fin quassù l'ho sempre incontrato.
A volte malato, magari stanco, un po' dimesso, ma sempre dedito alla sua gente.
Questa sera quando gli abbiamo chiesto di mostrarci le stelle anche l'ultimo velo di tristezza è scomparso. Abbiamo spento tutte le luci e portato in giardino telescopio e binocolo.
Così un anziano padre missionario e due infettivologi temporaneamente ultrasonografisti, giunti fin qui per studiare un po' di ecografia con i colleghi africani, hanno cominciato ad ammirare le Pleiadi sfarzose e lucenti come una collana di diamanti, inseguite a breve distanza, ma mai catturate dal cacciatore Orione. Poi lo Scorpione, Cassiopea, la Via Lattea, decine di stelle cadenti e il sorgere di Giove rosso, arancione e blu con tre delle sue lune.
Dopo avere trascorso una settimana nel buio di una stanza di ospedale, direzionando ultrasuoni dentro addomi e colli alla ricerca di vasi minuscoli e parenchimi opachi ora stavamo nell'immensità dell'universo, illuminati dalla calotta celeste a contemplare entità di cui neanche conosciamo la natura.
Non è facile vivere e lavorare in Africa, soprattutto per chi lo fa per tanti anni.
Ma in quel momento tutti noi siamo stati infinitamente grati di essere lì e in nessun altro posto.

mercoledì 7 novembre 2012

Aber - anno II - sedicesima settimana

Stupiti!
Dopo ormai quasi un anno e tre mesi, alcune cose non finiscono ancora di stupirti. Innanzitutto, devo dire, la capacità dei bambini di giocare con...niente! bastoncini, foglie, barattoli di yogurt, sassi, tappi di bottiglia e, soprattutto, tanta sabbia  fanno volar via i pomeriggi tra mille giochi diversi con un'unica costante: lo sporco!
A parte questo, mi ha però colpito giovedì scorso quando sono andato a Lira, in un solo "viaggio" per andare a far la spesa, quante cose di quest'Africa mi abbiano ancora sorpreso!
Credo non finirò mai di stupirmi...
...dei benzinai che hanno ancora la pompa manuale e per farti 60000shellini (20euro) di benzina devono sudare sette camice e girare una manovella per dieci minuti;
...dei taxi che incontri lungo la strada e che trasportano tranquillamente 8/9 persone, svariate galline, e magari qualche enorme sacco di carbone;
...della gente che cammina o, quando va bene, pedala per ore e ore e ore;
...delle donne che portano carichi pesantissimi sulla testa;
...di vedere moto, macchine e camion immersi per metà nei fiumiciattoli che per l'occasione si trasformano in naturali autolavaggi;
...delle persone che trasportano in bicicletta letti e divani!
Poi finalmente arrivi in città ma, ancora, contraddizioni e situazioni improbabili la fanno da padrone...
...stanno costruendo una casa e i trabattelli sono fatti con tronchi assemblati con chiodi arruginiti;
...nella fogna a cielo aperto che scorre lungo la strada, i bambini cercano bottiglie di plastica vuote come fossero pepite d'oro;
...la gente compra le stesse bottiglie (300shellini le piccole e 500 le grandi) per riepirle di benzina e andarla a rivendere a motociclisti in panne a prezzi maggiorati oppure per riempirle di paraffina da utilizzare nelle lampade;
...la tecnologia è arrivata troppo in fretta (molto prima della democrazia ancora lontana) portando dei controsensi. Per esempio i cellulari senza la corrente hanno fatto ingegnare i più intraprendenti con baracchini forniti di piccoli pannelli solari con cui ti ricaricano il telefonino per 500shellini.
...entri in banca e qui più o meno l'ambiente sembra normale. Poi però osservi la coda allo sportello e noti che tanta gente al posto della firma, in fondo ai moduli che consegna, mette le impronte digitali: tantissimi sono ancora analfabeti;
...l'infermiera che c'è in macchina con te (in Africa non si viaggia mai soli) alle due meno cinque quando stai ancora finendo di fare le tue cose ti dice di essere di turno dalle due (considerate che Lira dista circa un'ora da Aber!);
...infine torni a casa, apri i pacchi delle nonne ritirati in posta e...non finisci mai di stupirti di riscoprire ogni volta quanto è buono il parmigiano reggiano!

giovedì 1 novembre 2012

Aber - anno II - quindicesima settimana

Straordinarietà e normalità
Dopo la straordinarietà dell'Inter-campus, eccoci ricalati nella normalità, nella quotidianità di Aber.
Dopo il boom di visite al blog della scorsa settimana (quasi 400!) piacerebbe scrivere ancora qualcosa di “spettacolare” come l'ultimo post ma, naturalmente, non è possibile. Questa settimana è passata in maniera abbastanza anonima...i “pacchi” tirati dalle insegnanti al corso di informatica, l'inizio dell'arduo compito di togliere il pannolino al Samu, il Franci che riesce a svestirsi ormai completamente da solo per andare in doccia (togliere la maglietta è stato l'ultimo step che ha richiesto parecchio tempo), la Mari che è partita per due settimane per un corso ad Angal e io che mi spupazzo i pargoli (ma d'altra parte il bello di essere famiglia è proprio questo, no?), l'album di fotografie ormai solo da stampare, la creazione del booklet del cd che ha richiesto l'impiego di tutte le mie competenze informatiche, il bel rapporto di aiuto/amicizia/collaborazione che sta crescendo con Elena (chirurgo del CUAMM ma soprattutto nostra nuova vicina di casa divenuta già indispensabile nelle gestione delle due pesti! sempre più spesso se le ritrova infatti in casa a scroccare biscotti, in cerca di qualcuno da cui farsi leggere una storia o, per ultimo, a fargli ben 3 pipì sul pavimento nel giro di 5 minuti! Dura l'Africa Elena, eh?) etc, etc.
Cosa è meglio allora, la straordinarietà o la normalità?
Non saprei, certamente la straordinarietà senza la normalità non ha senso. Non ha senso fare un mega evento senza aver creato prima delle relazioni, senza essere entrati nel tessuto sociale. Però anche la straordinarietà ha del positivo...ricarica, rilancia, da nuova forza.
Al di là di quest'ultimo aspetto crediamo comunque che la modalità migliore per essere presenti in questo posto e, più in generale, per testimoniare e condividere le proprie idee sia proprio la quotidianità e non l'eccezionalità, il silenzio e non il clamore, la perseveranza e non il “mordi e fuggi”.