mercoledì 24 aprile 2013

Aber - anno II - quarantesima settimana

Varie ed eventuali

Ho una domanda per i più affezionati lettori del nostro blog: se qualcuno vi chiedesse: “Ma cosa fa in Africa da quasi due anni il tuo amico Piccio?” voi cosa rispondereste?
Pensateci con calma, ma sono sicura che allo scadere del tempo massimo pochi di voi riuscirebbero a dare una risposta organica sintetica ed esauriente!
Io ci ho provato, ma ho il vantaggio di una osservazione ravvicinata del soggetto in questione e degli effetti da egli prodotti, ovvero
-        tavolo del soggiorno perennemente ricoperto di montagne di carta contenenti informazioni oscure ai più
-        computer acceso 18 ore al giorno (ok...spesso è aperta solo la pagina della Gazzetta...)
-        ogni giorno nuovi personaggi seduti al suddetto tavolo che smanettano sul suddetto computer che mi danno il benvenuto quando torno dal lavoro (...loro??? a me???...)
-        cellulare che squilla dalle 7 del mattino fino alle 10 di sera
-        auto carica al colmo di ogni genere animato e inanimato per ogni viaggio a Lira o a Gulu
-        passare in un mercato affollato e sentire un venditore chiamarlo per nome “Hi Marco, how are you? And Francesco?”
Dunque alla fine di lunghe osservazioni, non senza stupore e talvolta perplessità potrei dire che il Piccio incarna alla perfezione la figura professionale dell'addetto alle varie ed eventuali.
Per entrare nello specifico della job-description:
papà
educatore
insegnante di informatica
direttore di scuola materna
found raising
cuoco (specialista pasticcere…anche per matrimoni)
laboratori cucina per bambini...e housekeepers
fotografo (artistico, cerimonie, ID size)
blogger
scrittore di progetti
editore discografico
facilitatore di corsi per coppie
guida turistica
rivenditore pneumatici
imprenditore settore apicultura
imprenditore settore editoria fotografica
membro commissione giustizia e pace
imprenditore settore edile
riparazioni radio
autista
istruttore di scuola guida
cambiavalute
 ...non so...forse ho dimenticato qualcosa...a voi completare la lista!

giovedì 18 aprile 2013

Aber - Anno II - trentanovesima settimana

Ma il Mal d’Africa esiste?
Definizione di Wikipedia: “ nel linguaggio comune Mal d’Africa si riferisce alla sensazione di nostalgia di chi ha visitato l’Africa e desidera tornarci (così come saudade è la nostalgia del Brasile).
Sono rientrata in Italia da ormai due settimane e non so ancora se condividere la definizione di Wikipedia ma credo di essere affetta da mal d’Africa. Dopo sei mesi passati ad Aber è stata tanta la gioia di rivedere la mia famiglia, il mio fidanzato, gli amici e i colleghi di lavoro. E’ stato bello tornare nella mia comoda e accogliente casa, e finalmente dormire tranquillamente e profondamente, senza sentire mille rumori di chissà che animali, non rischiare più di trovare rospi in bagno o topi in cucina (ringrazio Marco che è sempre venuto in mio soccorso)… Che gioia tornare nella mia pizzeria preferita e gustarmi una buona pizza, per non parlare delle prelibatezze preparate dalla mia mamma e dalla suocera che hanno deciso di mettermi all’ingrasso! E’ stato bello tornare a lavorare in un moderno ospedale, super pulito, tutto mi sembra così profumato (altro che gli odori della chirurgia, vero Mari?), quanti esami a disposizione , quanti antibiotici e la sala operatoria: LUSSO! Bisturi elettrico, fili di sutura a volontà….
Eppure, mentre da un lato mi sento sollevata, perché sono tornata nel mio mondo, dall’altro ho una strana malinconia, un senso di tristezza e mi vengono in mente i cieli azzurri sopra ad Aber, la fitta vegetazione verde che alle volte mi sembrava soffocante,le strade piene di gente giovane che si muove a piedi o con le biciclette, le jerican gialle, i vestiti colorati delle donne, i volti allegri delle mie infermiere, la passeggiata al fiume, il chapati dell’Hellen, la Polly e i suoi vestiti, i sorrisi del Samu, le facce affamate del Francy per ottenere un biscotto, le appassionanti ipotesi diagnostiche e gli scambi chirurgo-infettivologo con la Mari e le più filosofiche discussioni con Marco….
Sono passati 15 giorni da quando ho lasciato Aber, la mia casetta a fianco alla famiglia Piccio, il mio lavoro di chirurga in un piccolo ospedale rurale, ma i sentimenti sono ancora confusi e ci vorrà del tempo per elaborare a pieno il senso di questa esperienza… Il bilancio finora è positivo, credo di essere cresciuta professionalmente e umanamente, di aver riscoperto la passione per il mio lavoro, di aver avuto la fortuna di condividere il mio cammino con persone speciali che mi hanno arricchito, di aver migliorato il mio spirito di adattamento e aver aperto la mente a modi diversi di pensare e affrontare la vita…
Ma rimane un senso di amarezza, perché tutti questi aspetti sono positivi per me ma io che cosa ho lasciato ad Aber, che cosa è servita la mia esperienza all’Africa? Non fraintendetemi, sei mesi fa non ero partita con deliri di onnipotenza, ma con uno spirito umanitario che credo spinga molte delle persone che partono per un paese in via di sviluppo. E’ un’amarezza che nasce dalla consapevolezza che l’Africa a te da tanto ma tu puoi fare poco, i tempi non sono maturi e la tua presenza (soprattutto come ong) spesso può fare solo danni …  
Non voglio essere pessimista o disfattista, sono considerazioni realistiche maturate dopo sei mesi difficili, fatti di arrabbiature e delusioni, ma anche di gioie e soddisfazioni e in cui non ho perso speranza nell’uomo e nel tempo che aiuterà a maturare la coscienza dei propri diritti e l’esistenza di doveri morali e materiali…
Nel mio piccolo spero che la mia dedizione al lavoro e quindi ai pazienti, i miei tentativi di stimolare uno spirito femminista tra le mie infermiere, le chiacchiere con Hellen (la mia housekeeper) su come dovrebbe cambiare la condizione delle donne in Uganda, i soldi prestati a Margaret per far studiare sua figlia, il regalo fatto a Dorcus per regalarle un nuovo sorriso o a l’incoraggiamento a Polly per la sua nuova attività, abbiano lasciato un piccolo segno, come un sasso lanciato in uno stagno!
Credo che questo sia l’unico modo  veramente sensato di fare cooperazione in Africa, se così si può definire, e la famiglia Piccio lo fa ogni giorno.
Grazie per avermi sostenuto e guidato in questi sei mesi, siete forti e state facendo tanto con poco, le nostre strade si sono incrociate per poco, ma anche se da lontano vi sostengo nel vostro cammino che è difficile, ma che vi renderà più forti  e che in silenzio come il sasso lanciato nello stagno sta generando onde concentriche negli animi di chi incontrate, alcune onde più superficiali e altre molto più profonde…
Un abbraccio, smetto di scrivere, il mal d’Africa si sta facendo sentire di nuovo….

giovedì 11 aprile 2013

Aber - anno II - trentottesima settimana

Hysteria

Doris ogni 2 o 3 mesi viene portata all'ospedale perché, dicono i suoi numerosi accompagnatori, perde coscienza e ha le convulsioni.
In realtà Doris è perfettamente cosciente, ma appena un parente o il dottore si avvicina si contrae si inarca, si dimena e rovescia gli occhi inducendo tutto l'entourage attorno al letto per tenerla ferma e...ovviamente per pregare e scacciare il demonio che la perseguita.
La mia caposala è talmente abituata a vedere questo genere di manifestazioni che ridendo mi dice: “Adesso scacciamo il demonio con un po' di Haldol (uno dei pochi psicofarmaci di cui dispongo) vero dakatali (che sarei io)?”
Non credo che Doris abbia un demonio e neanche l'epilessia, sicuramente non ha la meningite. Forse Doris ha ciò che Freud chiamava isteria e che la psichiatria moderna (...e occidentale...) chiama disturbo di conversione. Non si tratta di semplice simulazione. Doris soffre davvero. E' una donna bella e forte che ha dato quattro figli a suo marito, ma poi è stata operata di isterectomia ed ora... “non può più produrre” mi dice il marito rammaricato. Già...rammaricato...perché un uomo normale sarebbe felice che dopo quattro figli la moglie non possa più produrre, ma qui è una disgrazia, fatta pesare ovviamente tutta sulla donna che ne doveva sfornare almeno una decina anche a costo di vederne morire due o tre e rischiare la propria vita.
Nel pomeriggio sotto la veranda si svolge un rito per scacciare il demonio e il mattino dopo trovo Doris tranquillamente seduta fuori che mi guarda con occhi semiaperti (effetto collaterale dell'Haldol) ed un sorriso incredibilmente triste mentre prende in braccio un neonato figlio di qualche sorella.
Chi mi conosce sa che sono una persona razionale e fiduciosa nella scienza, ma qui sto imparando che vi sono forze che noi non comprendiamo che dominano questa gente e questa terra. La storia di Doris è la storia di una paziente con malattia psichiatrica, ma gli stessi studenti di medicina o gli infermieri quando cerco di spiegare loro, ridono: la malattia psichiatrica non è ancora riconosciuta come vera malattia, come vera sofferenza. E in fondo anche noi nel cuore del mediterraneo culla di civiltà e di illuminismo quanto ci abbiamo messo...?
Ma anche per quanto riguarda malattie più “organiche”, se non hai una TAC per vedere la massa nel cervello che ti dà le convulsioni o non hai la concezione di base che vi sono esserini invisibili che possono entrare nel tuo corpo e portarti anche a morire, o se anche lo sai ma il dakatali sospira e ti dice che non c'è cura per quello, posso solo immaginare quale sia la percezione di malattie come l'AIDS o la TB o quale sia il peso sociale di condizioni quali l'infertilità.
La loro vita sembra dominata da una natura leopardiana, matrigna onnipotente e beffarda, che riempie ogni fazzoletto di terra di frutti rigogliosi e poi spazza via la vita di un bambino in un attimo.
Non dico di credere agli spiriti o al demonio, ma sicuramente incomincio a comprendere perché questa gente ci crede, e comprendo anche come sia possibile che ciò conviva con il loro cristianesimo. Forse sono ancora in attesa della rivelazione di un Dio-Madre-Amore che non spezza la canna incrinata e vivono ancora nella paura di una natura spietata che va tenuta a bada con riti e magie.
(per la foto in home page si ringrazia la Miki)

giovedì 4 aprile 2013

Aber - anno II - trentasettesima settimana

World Social Forum di Tunisi - 2013
Quanto riportato qui sotto è un estratto dei diari che i comboniani Alex Zanotelli ed Elisa Kidanè hanno condiviso durante la loro permanenza a Tunisi. E' un po' lungo ma crediamo che ne valga la pena leggerlo e rifletterci vista la scarsa risonanza avuta sui media e l'importanza degli argomenti trattati. Ma soprattutto pensiamo sia importante soffermarsi sullo spirito positivo e l'entusiasmo che hanno fatto da cornice a questo forum...ma perchè le belle notizie passano sempre in secondo piano? è proprio vero che fa più rumore un albero che cade che una foresta che cresce!
 
Dal 26 al 30 marzo si è tenuto a Tunisi il Forum mondiale sociale (FMS). Oltre al solito slogan “Un altro mondo possibile” il tema centrale di quest'anno è stato la Dignità. Al centro del Forum, spiega il tunisino Fethi Dabako, c'è la parola DIGNITA' che racchiude tutto quello che può volere un essere umano: libertà, diritto alla vita e a spostarsi liberamente. Questo di Tunisi è stato il primo FMS che si è tenuto in un paese quasi totalmente islamico.
Le missionarie e i missionari comboniani hanno iniziato a partecipare a questi Forum dal 2007 (Nairobi) e da allora sono sempre stati presenti perché ritengono i temi di giustizia, pace e integrità del creato come parte essenziale del loro fare missione.
La prima giornata è stata un po' preparatoria al forum e, visto che il paese ospitante era islamico, l'attenzione si è focalizzata proprio sull'Islam.
Aiutati da due esperti comboniani P. Scattolin Giuseppe e P. Paul Hanis, che lavorano in Egitto, e da due comboniane, sr Anna Maria Sgaramella e sr Alicia Vacas, che operano a Gerusalemme, i partecipanti hanno affrontato il significato dell'Islam nel mondo contemporaneo.
L'appello di questi esperti che lavorano sul campo stato un pressante invito ad accostarci alla religione islamica con reverenza e ad accettare la sfida del dialogo a tutti i livelli. Il dialogo interreligioso e interculturale, ha affermato Benedetto XVI, non può essere un optional.
La seconda giornata si è aperta con una tumultuosa assemblea delle donne. Sul palco si sono susseguite donne provenienti da varie parti del mondo che reclamavano a voce alta i loro diritti. “I nostri governanti non hanno preso in seria considerazione le rivendicazioni della società civile tunisina” ha ribadito con forza Ahlan Belhaji. Dobbiamo continuare a lottare. Si sono sentite parole una volta proibite, che oggi sono invece pronunciate con forza, con determinazione, con coraggio: libertà,dignità, autonomia e parità di genere. L'assemblea si è conclusa tra canti, slogan e danze, in solidarietà con le lotte delle donne del mondo intero. Incredibile la forza e la vivacità di queste donne straordinarie. Niente potrà fermarle. Tutto questo è ancora più sorprendente perché avviene in un ambiente islamico. Anche questo un bel frutto della primavera tunisina.
Nel primo pomeriggio è partita nel cuore di Tunisi la grande marcia di apertura del FMS. Una folla immensa, si parla di circa 100mila persone, colorita ed esultante, ha iniziato a muovesi lentamente verso lo Stadio.
E stato provvidenziale il fatto che il Comitato internazionale del Forum abbia scelto Tunisi per questo appuntamento perché questa giornata ha dato una carica incredibile al popolo tunisino e una speranza in più per un cambiamento contro tutti i fondamentalismi.
Massiccia pure la presenza di gruppi algerini, marocchini, e libici. Questa marcia e questo Forum potrebbero aprire strade nuove per l'unità dei popoli del Maghreb. Forte anche la presenza Palestinese che ha ottenuto in questa marcia una notevole solidarietà da parte di molti gruppi presenti.
La marcia era un alternarsi di colori, di canti, di danze, di slogan. Una giornata di primavera carica di speranza.
La terza giornata è stata costellata di centinaia di workshop. Il tema che ha attirato il maggior numero di persone è stato quello delle primavere arabe che hanno cambiato il volto della regione. La grande domanda era: che cosa fare dopo le rivoluzioni? Il dibattito politico è stato molto acceso soprattutto per la massiccia presenza di associazioni tunisine e magrebine. Altri temi trattati sono stati la spiritualità, le armi, le migrazioni, i cambiamenti climatici, la cittadinanza attiva, la crisi finanziaria, le politiche dell'Unione europea verso i paesi impoveriti, l'assedio delle multinazionali in Africa (provocante la chiamata, in una delle sessioni ad una mobilitazione per una giusta tassazione sui minerali esportati dal continente africano. I relatori hanno insistito che se i minerali - l'alluminio come l'uranio - fossero tassati, non ci sarebbe nessun bisogno di un aiuto pubblico), il fracking (una nuova tecnica che si sta diffondendo per estrarre gas naturale incapsulato nelle rocce bituminose. Un fenomeno che è stato definito un crimine per le gravi conseguenze che ne derivano). Anche i comboniani e le comboniane hanno presentato per la prima volta i loro workshop rispettivamente sui temi del Land-grabbing, (accaparramento delle Terre), sulla situazione che vivono i Beduini nei territori occupati in Israele, sulla Pace, la riconciliazione, il dialogo interculturale e religioso, presentando esperienze concrete vissute in Egitto, Chad e Congo. Quello del Land grabbing è un fenomeno particolarmente grave soprattutto in Africa, dove si calcola che 67 milioni di ettari di terra sono stati già accaparrati. Alcune multinazionali dell'agro business e alcuni gruppi finanziari attratti dai prezzi dei generi alimentari in aumento e dalla domanda crescente dei biocarburanti e di prodotti agricoli, si sono buttati nel grande affare di acquisire nel sud del mondo terre coltivabili con le annesse fonti d'acqua.
Nella quarta giornata molti workshop sono stati dedicati a sviscerare la crisi dell'Europa. A questo riguardo particolarmente indovinata la lettura che ne ha fatto il Centro di Studi di Barcellone: Cristianisme i Justìcia. “L’Europa dei diritti umani, la culla della democrazia, della rivoluzione francese, delle lotte operaie e del consolidamento della classe media, sta scomparendo”, ha affermato Jaume Botey. Secondo i relatori è assordante il silenzio delle Istituzioni ecclesiali europee su questa crisi.
Come uscire da questa crisi profonda? Non è certo rinchiudendosi su stessa che l’Europa si salverà. Purtroppo l’Europa con le sue leggi sull’immigrazione è diventata una fortezza che deve difendersi dagli “invasori”.
Una delle sessioni più affollate e belle di questa giornata aveva come titolo: l’Europa è in guerra contro un nemico che lei si inventa. Per esempio ci si è soffermati a riflettere sull'assurdità di un'Agenzia di sorveglianza, come la Frontex, istituita nel 2009, per difendere i confini dell’Unione Europea. Questa Agenzia ha a disposizione 21 aeri, 113 navi, 475 unità di equipaggiamento, con un bilancio vicino ai 100milioni all’anno. L’invito dei relatori, tutti africani, è stato quello di cambiare il nome in Frontexit (uscire dal Frontex).
Fa una certa impressione guardare il Mediterraneo da Tunisi: questo mare è diventato il cimitero per migliaia e migliaia di persone. Commovente la lettera scritta dall’Associazione tunisina “La Terra per tutti”, in cui i genitori chiedono all’Italia di avere notizie dei loro figli desaparecidos. Non a caso sono state molte le sessioni dedicate al problema dell’immigrazione e del diritto di migrare.
Il Forum però non analizza solo i vari problemi attuali, ma ha il coraggio di prepararsi a importanti eventi in arrivo. Uno di questi è l’incontro che si terrà a Bali nel prossimo dicembre, convocato dal Wto (l’Organizzazione mondiale del commercio) per liberalizzare ancora di più il mercato, soprattutto nel settore agricolo. Rappresentanti dei movimenti dell’Asia (dall’Indonesia al Giappone) sono venuti a Tunisi per chiedere l’appoggio da parte della cittadinanza attiva mondiale, per questo importante appuntamento. Una vittoria del Wto sarebbe un’altra tragedia per gli impoveriti.
Anche durante l'ultima giornata del forum gli oltre 240 seminari hanno trattato temi di vitale importanza: dalla spiritualità al debito, dalla cittadinanza attiva all'impegno per l'acqua pubblica, dalle lotte per le pari opportunità delle donne alla libera circolazione delle persone, dall'economia solidale al dialogo fra le religioni, dagli EPA (Economic partnership agreements) alle biotecnologie (in particolare si è parlato delle sei multinazionali delle sementi che gestiscono questo nuovo e grande business le cui conseguenze avranno ricadute impensabili sul futuro dell'umanità, ponendo problemi etici, filosofici e teologici di grande rilievo), dall'ambiente al diritto alla casa.
Le celebrazioni che si sono tenute durante il forum hanno ripercorso i momenti del triduo pasquale calandoli nel presente e nel contesto sociale di cui si è discusso durante gli incontri.
Così l'Eucarestia del Giovedì Santo, ha fatto memoria di quel Gesù che ci ha insegnato a spezzare il pane, perché tutti ne abbiano in abbondanza; la celebrazione della morte di Gesù ha ricordato, insieme al Crocifisso anche i popoli crocifissi d'Africa e tutti coloro che hanno dato la vita perché questo continente possa risorgere; durante l'ultima giornata ci si è infine soffermati su quel soffio di Pasqua che ha animato il popolo ebraico ad uscire dalla schiavitù verso la libertà e che si è sentito forte durante il forum aleggiare in questo popolo tunisino che non desidera altro che dignità e libertà.